di Luca Giommoni
Lineas Entre dos Mundos
La prima volta che ho visto Duilio era alla festa dopo il diploma. Stava pomiciando con l’amore della mia vita anche se lei non sapeva ancora di esserlo. Ho chiesto poi a Duilio com’era stato pomiciare con l’amore della mia vita, e lui ha risposto che non era stato affatto male ma non era, di certo, paragonabile a baciare una morurani.
«E come bacia una morurani?» ho detto io e lui mi ha spiegato che le donne morurani hanno questi ossi conficcati proprio in mezzo alla lingua e gli ossi contengono parte dei segreti che l’animale al quale sono appartenuti ha raccolto in vita, e le morurani hanno il sacro compito di custodirli e non farli mai fuggire dalle loro bocche.
«È come baciare l’ippocampo della giungla amazzonica» mi ha informato Duilio e io allora gli ho chiesto: «E chi sarebbero questi morurani?» e Duilio mi ha spiegato che sono una delle più antiche tribù indigene dell’Amazzonia. Risiedono in una remota zona vicino a uno dei bacini del Rio Negro in Brasile e vivono di usanze e tradizioni millenarie, a dispetto della modernità. Gli studi e le carte riguardo la loro esistenza si contano sulle dita di una mano. Praticamente, dei morurani si sa poco o niente, ma Duilio aveva proprio l’aria di intendersene.
La seconda volta che l’ho visto era un venerdì o un sabato sera dei tempi dell’università. Ero seduto su un gradino. Ci stavo bene su quel gradino. Poi Duilio si è seduto accanto a me, si è girato una canna e me l’ha passata.
«Buona» ho detto ma Duilio ha scrollato la testa e ha detto che non era neanche minimamente paragonabile alle erbe che si fanno i morurani durante le loro festività e mi ha informato che le festività dei morurani potrebbero ricoprire molti giorni del calendario nonostante loro non abbiano la più pallida idea di cosa sia un calendario ma, per i morurani, per rendere un giorno qualsiasi un giorno di festa, basta che in una lite chi ha ragione difende il torto subito e chi ha torto chiede scusa.
Ho rivisto Duilio anni dopo, all’ufficio di collocamento. Lui aveva il numero 47, io il 54. Sul display c’era il numero 16. Duilio era lì per capire se ci fosse la possibilità di accedere a un progetto di lavoro all’estero, possibilmente in Brasile, più possibilmente in Amazzonia, più possibilmente ancora in una regione remota del Rio Grande. Avrebbe voluto osservare con i propri occhi e documentare gli usi e le tradizioni dei morurani.
«Lo sai come sono distribuiti i compiti fra i morurani?» mi ha chiesto.
«Assolutamente no» ho risposto.
«Tutti fanno tutto» ha detto. «Non è raro che una donna vada a caccia di istrici o che un uomo provveda ai figli o al cibo. Non ci sono proprietà private da ereditare perché non hanno la più pallida idea di cosa sia la proprietà privata. E ai vecchi e ai bambini spetta il lavoro più duro. Raccontare storie e ascoltarle».
L’ultima volta che ho visto Duilio avevo iniziato un tirocinio gratuito in uno studio associato di commercialisti che mi chiedevano 5 centesimi per ogni fotocopia che facevo per loro. La pausa pranzo era l’unico momento bello della giornata perché andavo in libreria a leggere Moby Dick. È stato in uno di questi momenti belli che ho incontrato per l’ultima volta Duilio. Aveva raccolto intorno a sé tutte le guide turistiche del Brasile e dell’Amazzonia, anche altri libri sulle popolazioni indigene. Passava in rassegna ogni testo come un vero studioso e, via via, appuntava qualcosa su un foglio. Aveva tutta l’aria di un lavoro certosino.
«Sto appuntando tutti i contatti delle case editrici e dei curatori» mi ha rivelato. Non riusciva a capacitarsi che nessuno di quei libri menzionasse anche solo una volta i morurani.
«Ma hai letto tutti questi libri?» gli ho domandato meravigliato.
«Certo che no» ha detto lui e mi ha detto anche che conosceva però chi, prima o poi, avrebbe scritto un libro sui morurani grazie al quale, finalmente e meritatamente, sarebbero stati noti al mondo intero. Si è indicato e mi ha confidato: «Presto parto, ho già comprato i biglietti».
E probabilmente è partito sul serio perché Duilio non si è più rivisto.
Qualcuno ha detto che ha fatto i soldi con le cripto, altri che si è pure sposato una facoltosa vedova brasiliana. Qualcuno ha detto che è stato fatto fuori dai narcotrafficanti per via di un’incomprensione, altri che, finalmente, ha trovato i suoi amati morurani. Questa era chiaramente l’ipotesi che preferivo.
Nel frattempo, io ho trovato lavoro e l’ho perso, sono diventato padrone di un cane ma non di una casa e vivo con l’amore della mia vita che, adesso, è mia moglie e io, di sicuro, sono suo marito anche se non sono sicuro di essere l’amore della sua vita ma non importa, va già bene se lei rientra dal lavoro tutte le sere e guardiamo insieme lo speciale di trenta minuti di un programma di inchiesta dopo il telegiornale.
La sera che ho ripensato a Duilio mia moglie non era ancora tornata e lo speciale era già iniziato. Io stavo iniziando a preoccuparmi se non fosse che lo speciale era su una holding sud americana che ha raso al suolo ettari e ettari di foresta pluviale amazzonica brasiliana per costruirci un parco giochi acquatico sfruttando la vicinanza del Rio Grande, e drenandolo in parte. È stato costruito un parcheggio sotterraneo di dieci piani, strade, interstatali e porti per garantire il miglior afflusso turistico possibile. Il parco acquatico è costato miliardi di real ma lo hanno pagato solo migliaia di vite indigene che hanno avuto l’ardire di occupare un pezzetto di foresta amazzonica perfetta per un parco acquatico. Sono state assunte vere e proprie squadriglie della morte un po’ come, nel selvaggio ovest, le ferrovie assoldavano pistoleri e assassini per sbarazzarsi dei cinesi e degli indiani che occupavano terre perfette per dei binari. Quando fra le popolazioni, nel migliore dei casi sfollate, il presentatore ha nominato anche i tanto sconosciuti morurani, non ho pensato neanche un secondo alla possibilità che mia moglie non avrebbe mai più riaperto la porta di casa. Ho pensato subito a Duilio, mi è esploso in testa e ho sperato che si trovasse dappertutto, anche nella cantina di un narcotrafficante, ma non insieme ai pacifici morurani quando l’uomo bianco è arrivato a portare loro il suo classico e caloroso saluto.
Poi il presentatore ha detto una cosa commovente: il nome del parco acquatico. Morurani Park.
Poi mia moglie è rincasata e, ancora per un altro giorno, mi potevo ritenere un uomo fortunato.
«Ciao amore» le ho detto e lei è rimasta immobile sulla porta, in silenzio. Impietrita, come se avesse appena visto un fantasma o l’ultimo importo del mio assegno di disoccupazione. Non mi ha risposto ma ha indicato la televisione e, in preda allo stupore, ha gridato: «Ma quello è Duilio!»
Sullo schermo della tv, grazie a un’intervista di repertorio sottotitolata per l’occasione, l’amministratore delegato della holding proprietaria del parco acquatico parlava di progresso.
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Questo racconto fa parte della rubrica Lineas Entre dos Mundos, percorso di avvicinamento all’edizione 2024 del festival Entre dos Mundos, dedicato al cinema iberoamericano, che si terrà a Firenze dal 19 al 21 settembre 2024.
Da giugno a settembre, ogni settimana, pubblicheremo un racconto ispirato a un film scritto, diretto, girato e prodotto in un paese dell’America Iberica.
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