Dedicato a mia nonna
Al pranzo di Natale mi siedo educatamente a un tavolo imbastito con leccornie di ogni tipo, intorno a me parenti e altri animali, che con un sorriso raccontano i loro mali cadenti, così che non rimane che afferrare la forchetta e con quella leccare, leccare e ancora leccare la delizia della carne, tutta quanta sbriciolata tra le paste da cui trarne, oh sì, trarne un sol boccone; ma che coglione, mi dice mia cognata, che non aspetto la nonna che dev’essere accompagnata, non la vedi claudicante, mentre tu spalanchi quella bocca divorante?
E così mi metto a guardare la distesa di cibo che mi fa accapponare il liso sguardo, oh mio dio, ma come ardo, ardo di fame, che quasi quasi della nonna claudicante vedo solo il carname cascante come lieve parmigiano reggiano grattugiato e appollaiato sulla cima del mio spaghetto, quasi una lima di formaggio a cui dare un bacetto, portato sulla lingua come un allunaggio, affinché la fame si estingua, sulla lingua, il boccone, ghiottume, dolciume, di olio un alone, e dopo le spezie come inezie d’amore, che mi sfamino a tutte le ore, che se devo ripensare a tutti i giorni senza colmare la pancia piena di acidi flutti, mi vien da ricordare che mi posso solo abbuffare su quell’osso là giù, che se non lo addento io, allora lo addenti tu, schifoso cugino bramoso di brodino: ti vedo, bastardo accattone, sei tu, solo tu il vero coglione, che vuole ingurgitare col cucchiaio di acciaio quel liquido da succhiare. Cognata, cognata, a quella faccia sfacciata che non aspetta la nonna attardata tu non dici niente? Solo me fai sentire un perdente?
Stringo le palpebre e distendo le vertebre, non difendo l’onore ne lo fingo, così mi alzo in piedi con un balzo da Jedi e punto il mio indice tale e quale a un erpice contro la testa vuota come una cesta di quello stronzo di mio cugino e manco fossi sbronzo mi verso il vino, in un sol sorso lo scolo il barolo, poi alzo la mano alacremente verso il parente insano e grido che io di lui proprio non mi fido, è un obrobrio, guardatelo, diffamatelo, è così avvezzo che mangia di nascosto un pezzo di arrosto, mentre sono io quello che si arrangia e non mangia. Ma che cazzo fa quello stronzo di un pazzo, grida la cognata indignata rivolgendosi al cugino, che una lacrimuccia, poverino, gli cade sulla fettuccia, ma non lo vedi che la nonna si ingarbuglia con la gonna? Sul cibo farò di pattuglia, dice la cognata tutta quanta stralunata, che voi due siete come un bue, mi fate cacare, che la nonna voi non la sapete proprio aspettare.
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