di Luca Giommoni
In seguito si sarebbe fissata con le radici di liquirizia, il costruire case di paglia, Mike Bongiorno, tutti i luoghi che avrebbero meritato un’altalena, la slam poetry, ma adesso ce l’aveva con un passo del vangelo secondo Matteo: “Beati gli ultimi perché saranno i primi”. Ma chi erano questi ultimi? pensava Zelda. Ultimi di cosa? E come facevano a diventare i primi?
La prima volta che Zelda ha sentito questa frase l’ha sentita dalla bocca del prete mentre sua mamma era stesa, in mezzo alla chiesa, circondata da fiori e lacrime. Anche Zelda piangeva: piangevano tutti. Suo padre, sua nonna, i suoi zii, sua cugina Marina, pure Marco e Priscilla con cui andavano in montagna insieme, addirittura il medico della mutua. Tutti, quindi piangeva anche lei e, secondo lei, il pianto era molto più contagioso e molto meno divertente dello sbadiglio, che chissà perché andava coperto.
Beati gli ultimi perché saranno i primi, aveva detto il prete, però, a onor del vero, quando è arrivato il momento della comunione, non si è messo a distribuire ostie alle persone sedute in fondo, a occhio e croce gli ultimi, se consideriamo la distanza con l’altare: no, ha iniziato da in cima, da chi era seduto nelle prime file. Quindi se gli ultimi non diventavano i primi neanche in chiesa, dove altro avrebbero potuto diventarlo?
«Papà, ma la mamma era ultima?» ha chiesto Zelda e c’era da chiederselo perché, se sua mamma era ultima, allora lei cos’era? Penultima? I penultimi sarebbero diventati i primi? O secondi? O era ultima anche lei? Era importante capire chi fossero questi ultimi e come facevano a diventare primi, ma suo padre l’ha guardata e ha iniziato a piangere ancora più forte e allora Zelda, che se c’era una cosa che voleva meno al mondo era veder piangere suo padre ancora più forte, gli ha detto che non importava e in seguito non gli ha più più chiesto se la mamma fosse ultima. Di certo, non si è tolta dalla testa la curiosità: chi erano questi ultimi? Ne faceva parte anche lei? E dove, quando e come sarebbero diventati primi?
La frase Beati gli ultimi perché saranno i primi era stata detta la prima volta a delle persone che cercavano lavoro. Zelda si documentava. Le persone che cercavano lavoro, da ulteriori ricerche, erano disoccupati, quindi i disoccupati erano gli ultimi.
«Papà, io sono disoccupata?» chiedeva Zelda e suo padre le rispondeva che lei andava a scuola e che, no, non era una disoccupata. «Ma i disoccupati sono ultimi?» chiedeva allora e suo padre le diceva che i disoccupati erano solo persone più sfortunate di altre.
Persone più sfortunate di altre, ragionava Zelda.
A prima vista il ragazzo fuori dal supermercato che chiamava suo padre “papà”, anche se non era vero, e a cui suo padre lasciava sempre rimettere a posto il carrello sembrava, a tutti gli effetti, più sfortunato di altri.
«Papà, lui è ultimo?» cercava conferme Zelda. «Papà, ma quel ragazzo a forza di rimettere a posto carrelli diventerà primo?» ma suo padre sembrava non voler parlare neanche delle persone più sfortunate di altre. Forse perché, per educazione, degli ultimi non si parla? si è detta Zelda, che poi non si è risparmiata dal domandare: «Papà, quel signore a forza di leggere così tanto diventerà primo?» e indicava un signore ricoperto da giornali sdraiato su una panchina. «È ultimo?» e indicava un gatto zoppo finché una sera suo padre era meno paziente e più stanco del solito.
«Siamo tutti ultimi: il ragazzo fuori dal supermercato è ultimo, il signore sulla panchina lo è. Pure quel gatto zoppo è ultimo. Io sono un ultimo. E finora non ho mai visto nessun ultimo diventare primo ma se accadesse uno spettacolo del genere mi piacerebbe vederlo» le ha detto, guardando gli occhi della figlia farsi lucidi.
Niente da fare. C’erano poche certezze e Zelda le aveva dovute trovare tutte da sola. L’ultimo episodio di Lady Oscar sarebbe stato l’ultimo, non ne avrebbero fatto un altro, magari l’ultimo episodio sarebbe poi diventato il primo, con i giapponesi non si sapeva mai: facevano le cose al contrario. L’ultimo pianeta del sistema solare era plutone. L’ultima fruit joy del pacchetto era sempre la più buona.
Come se non bastasse poi ci si è messa pure sua cugina di mezzo. Sua cugina Marina che si laureava in Giurisprudenza e che aveva chiesto esplicitamente la presenza di Zelda e che aveva causato a Zelda un forte disappunto considerato che a Zelda non fregava nulla di quella laurea: avrebbe preferito passare la giornata a ripulire camera sua piuttosto che stare con sua cugina Marina, i suoi zii, gli amici di sua cugina, per di più senza suo padre, che lavorava.
Zelda, però, non ha potuto dire di no. Sono passati a prenderla e ora era lì, alla facoltà di Giurisprudenza, a sentire parlare sua cugina di cose che non capiva. L’unica cosa interessante, che Zelda capiva, era la lista all’ingresso dell’aula. Da quello che diceva la lista sua cugina era ultima. Ultima com’era ultimo il corvo, secondo quel Calvino.
Anche mia cugina è ultima, si è detta sconsolata Zelda ma quando la commissione ha chiamato il primo laureando a discutere la tesi ha fatto proprio il nome di sua cugina: «Marina Menchetti» hanno detto i professori con grande stupore degli zii, degli amici, di Marina stessa e, soprattutto, di Zelda.
Zelda non stava più nella pelle, neanche avesse appena sentito il suono dell’ultima campanella dell’anno, quella che annunciava l’arrivo dell’estate.
Avrebbe voluto chiamare il ragazzo fuori dal supermercato, il signore coperto dai giornali, il gatto zoppo, se solo avesse avuto il numero di telefono di tutti, ma ne ha
chiamato uno solo.
«Papà, corri!» ha detto. «Nell’aula numero due al secondo piano della facoltà di Giurisprudenza gli ultimi diventano i primi».
Bice dice
Sai rendere la realtà commovente e umans
Stefania Campana dice
…con gli occhi puri di un bambino