di Marco Parracciani
La bolla è tornata. La bolla non è bella, è semplicemente una bolla, quarto piano, stanza 4, quella con la porta blu e le giraffe disegnate sopra. Tre giraffe grandi, quattro piccole. Tre anni fa, io ero al sesto piano, letto 6, a questo punto sarà una cosa di famiglia. Ma tre anni fa le giraffe non c’erano. Altri tempi.
È aprile, fa caldo. Dentro la bolla, oltre al tempo si è fermata anche la temperatura, resa costante dalle facce dei mini-degenti, dei genitori dei degenti, degli infermieri e dei medici.
Dalle finestre della bolla si vedono le cime dei pini marittimi. Mi affaccio e penso alle pigne senza pinoli, alla resina che si attacca sui polpastrelli, agli aghi secchi che da terra si inarcano e trapassano la suola di plastica delle infradito solleticando la pianta del piede.
Potrei staccargli con un morso l’agocannula dal braccio, prendere figlio, moglie, due vestiti, un comodino e aprire un chiosco di legumi decorticati a Ostuni; tornare a Santa Fiora, Grosseto. Ma non ci sono le giraffe a Santa Fiora.
In questi giorni di sospensione prendo la macchina e guido. Esco dall’ospedale che è sera, uno sguardo fugace ai pini illuminati dai lampioni, un bacio alla moglie, un bacio al figlio, una carezza al freddo comodino di plastica e ferro con sopra Saetta McQueen che mi guarda sornione, l’unica macchia di colore nel pallore immobile della stanza. Ascensore piano zero, sottopasso e parcheggio, apro lo sportello giro la chiave e penso a un titolo lungo da dare a un racconto breve che ancora non ho scritto, tipo “Ho visto un uomo nudo fare la posizione del cane a testa in giù in mezzo alla SP54, anche detta strada dei Bosconi”, che è buono anche da utilizzare come didascalia di una foto. O magari potrei aggiornare la frase ad effetto della biografia di Instagram. Marco, 12/7 – emoticon della torta di compleanno – #prouddaddy, ho visto un uomo nudo fare la posizione del cane a testa in giù in mezzo alla SP54, anche detta strada dei Bosconi.
La mia macchina ha 265 mila chilometri, e non vedo l’ora che mi scoppi sotto al culo. Guido e penso a tutte quelle parole, quelle frasi che ci hanno ripetuto per sei mesi. Adenoidi, ipertrofia adenoidea, frequenti apnee notturne, astenia e inappetenza, possibile ipoacusia. Genitori, attenti ai segnali. Il bambino sta bene, non vede com’è bello, di che cosa vi preoccupate. Vero, dottore, ma mangia e perde peso. È vero, ma mangia la carne? Li mangia i dolci? Dategli la carne, dategli gli zuccheri, i genitori di oggi danno poca carne. Lo dovete portare per forza all’asilo? Eh, questo lavoro… Ma non vedete come è bello?
La bolla al quarto piano divora la libertà e i desideri; è piena di adenoidi che si imputridiscono, scappano dai nasi dei bambini distratti e infettano le ossa vicino alle orecchie, fanno soffrire, ammalare, ustionare, gonfiando e deformando la scatola cranica. È otomastoidite, genitori. Ancora non sappiamo se l’infezione scenderà giù alla mandibola o andrà verso le meningi. Aspettare, bisogna aspettare e avere paura.
Guido, e guardo ogni giorno le giraffe sulla porta del quarto piano stanza 4, finché l’infezione scende alla mandibola e sparisce così come è arrivata. Dopo ettolitri di antibiotico, di ricoveri e di cime di pini, di giraffe, siringhe di Paracetamolo e comodini tutti uguali, di relazioni e giorni sospesi. Si ritorna al punto di partenza, con mezzo chilo in meno da riprendere alla svelta e una settimana da ricominciare.
In questi giorni di sospensione c’è l’urgenza di uscire, far finta di guidare e vedere le cime dei pini tutti insieme, cercando il collo lungo delle giraffe fra le fronde.
E ridere sguaiati, facendo finta che non sia successo niente.
alcecio1 dice
Bello e coinvolgente, niente da aggiungere, si può provare ma è sarebbe meglio di no!
Un saluto