Il Portogallo, per noi cresciuti a Firenze, intorno alla metà degli anni novanta, è stato prima di esser qualunque altra cosa (un Paese, una letteratura e adesso di nuovo, dopo Manuel de Oliveria, una cinematografia) il paese di Rui Manuel Cesar Costa, più noto come Rui Costa.
Numero 10 nella Fiorentina di Batistuta e rimasto in città a far da bandiera in anni che sembrano oggi belli, ma chissà se lo erano per davvero.
Se inizio dal calcio per dire due cose sul secondo capitolo di Arabian Nights, è per questo motivo: è che del calcio nessuno ci capisce davvero niente, nessuno ne sa niente.
Ovvio che poi c’è gente che ne sa molto, che la sa lunga, che ha una cultura calcistica frutto di anni di frequentazioni accanite, ma in generale, nessuno sa come andrà a finire un campionato, mai, o una singola partita.
Nessuno.
Questo elemento di indicibilità, di imprevedibilità, che ci fa a volte utilizzare come per esempio in Inghilterra quest’anno per il caso del Leicester l’espressione “miracolo calcistico”, serve in verità a dire questo: non si sa, e niente se ne può dire, solo opinioni che lasciano il tempo che trovano.
Io credo che è per questo che il calcio e la narrazione sul calcio sia oggi attuale e stia godendo di un momento di grande popolarità: perché è postmoderna, in quanto molto poco si può dire che non sia semplice opinione.
Questa impossibilità di giudicare è presente anche nella critica cinematografica, per non dire in tutto quanto esiste oggi, che riguarda il valore di un’opera d’arte o di un libro.
Il tal film di Miguel Gomez viene definito da cari amici una cagata mostruosa, a me sembra un capolavoro. Chi ha ragione?
Le signore sedute al mio lato commentano rumorosamente e dopo un’ora e mezzo se ne vanno via. Io penso dentro di me: che il fuoco di Miguel Gomez vi purifichi, eccovi spazzate via da Miguel. E ne sono alleggerito, perché mi è pensoso sentire i loro commenti.
Ma in definitiva io non posso dire nulla a quelle signore rumorose, forse il cinema non è stata la scelta più adatta per una serata tra amiche, forse potevano andare a giocare a tombola, forse a bere un vino.
Ma torniamo al Portogallo e al calcio. Il film di Miguel Gomez, secondo Capitolo, mi è parso bellissimo. Faticoso? Forse, ma ci sono delle scene (i boy-scout) che si aprono e sono finestre su mondi, che mi ha ricordato quasi le movenze di un vecchio numero 10 portoghese, dalla faccia quasi cavallina (Scherzo, in verità mi ha ricordato il cinema di Apichatpong “Joe” Weerasethakul, quello dello Zio Bonmee e di Cemetery of Splendour per intenderci) .
Ne voglio ancora, ho pensato, quando finiva il terzo episodio all’interno del secondo capitolo, la storia di un cagnolino che tutti amano, per nessun motivo. Posso dire che sia bello in modo oggettivo? No, non posso. Posso scriverne una recensione? Molto complicato (ma allora cos’è che sto scrivendo adesso?). Posso consigliarlo? Non posso fare nemmeno quello.
Ma vorrei.
A me Miguel Gomez è parso davvero una gran cosa, se tra dieci anni penserò che questi erano anni belli, io, ancora, non lo so.
Tonno dice
Gomes…